La triade maledetta
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 187, p. 3
Data: 7 agosto 1955
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Ho scoperto nell'antica Grecia una triade che nessuno vide nè vede e che pure merita di essere additata e chiosata. Vi figurano tre uomini malfatti, malvisti. malfamati e morti di mala morte: Tersite, Esopo, Zoilo.
Omero descrive sadicamente Tersite come una specie di mostro deforme, ciotto e scrignuto e si capisce bene il perchè di tanta avversione: se gli Achei avessero ascoltato Tersite, i furenti eroi non avrebbero potuto continuare ad ammazzarsi e gli aedi non avrebbero avuto materia per i loro poemi. Difatti Tersite si scagliava contro le cupide sopraffazioni di Agamennone ed esortava i Greci a smettere quella ridicola guerra e a tornarsene alle loro case. E Tersite che era brutto ma tutt'altro che sciocco, fu picchiato dal saggio Odisseo e alla fine Achille, il purissimo eroe, l'ammazzò come un cane.
Anche Esopo era gobbo e di spiacevoli fattezze ma più che tutto gli nuoceva la sua mania di mettere alla berlina le ridicolezze e le furfanterie degli uomini per mezzo di certe storielle di sua invenzione dove faceva parlare ed agire le bestie. Trovandosi Esopo a Delfi non potè fare a meno di osservare che gli abitanti della città vivessero tutti alle spalle del famoso tempio e fossero cioè i parassiti della devozione e della superstizione dei pellegrini e dei forestieri. I reggitori di Delfi non fecero discorsi: agguantarono il povero Esopo e lo condannarono a morte.
Molti secoli dopo apparve nell'età alessandrina, il famigerato Zoilo, un dottissimo grammatico, oggi si direbbe filologo, che perpetrò l'inaudito crimine di trovare dei difetti gravi nelle opere di Omero e di Platone. Anche Zoilo era di meschino e odiabile aspetto ma soprattutto veniva male accolto e persino scacciato dovunque si presentasse perchè i suoi contemporanei, per pigrizia mentale o per natura pecorile, non potevano tollerare la sua indipendenza di giudizio. Lo sciagurato Zoilo, abbandonato e osteggiato da tutti, finì col togliersi la vita con le proprie mani.
Sono, come si vede, tre critici, tre censori, tre giudici. Tersite che biasima gli abusi dei principi e sconsiglia le guerre, ed è perciò il precursore dei liberali e dei pacifisti, è il critico politico. Esopo, con le sue maligne favole, è il critico moralista, il censore dei costumi, il severo giudice della vita umana. Zoilo è il critico della poesia e della filosofia, il giudice spregiudicato dei famosi ingegni. Siccome tutt'e tre furono detestati e fecero una cattiva fine, è segno che i Greci non potevano sopportare i temerari che si permettevano di non trovare tutto buono e tutto bello quello che facevano e dicevano gli uomini, piccoli o grandi che fossero. La Grecia non ebbe, come la Francia, i «poeti maledetti» ma ebbe i «critici maledetti».
Secondo gli Elleni, amanti della bellezza e della giustizia, i critici sono contrassegnati dalla deformità e destinati a morte ignominiosa. Siamo noi molto diversi da loro? Basterà ricordarsi che Shakespeare fa dire al più perfido dei suoi personaggi, all'infame Jago: «Io non sono che un critico».
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